Mettiamola
così : se Jen Lindley non fosse stata spedita dai genitori da
New York a Capeside per redimersi dai suoi peccati di ragazza
ribelle, l’epopea di Dawson’s Creek non avrebbe avuto inizio. Jen
è l’evento critico fin dalla prima puntata della serie.
Ricordo
che anche se avrò avuto 10 anni, i miei pomeriggi tra pane e Nutella
e pene d’amore erano fortemente connotati dalla presenza di Jen. Dai
suoi capelli corti prima di tutto. Poi ovviamente costituiva
un’alternativa di gran lunga più interessante al modello di donna
incarnato da Joey Potter. Le due, eterne amiche-nemiche,
rappresentavano due possibilità molto diverse di vivere la
sessualità, gli errori, l’amore e l’amicizia. Sono sempre stata
del partito Jen, la ragazza di New York che arriva nella cittadina e
sembra una strega perché beve e fuma.
Durante
le serie sviluppa modelli di rapporto molto più autentici dello
stereotipato “amore adolescenziale”. Jen è umana, caotica ma
profondamente emotiva.Lei
e Jack sono i primi due personaggi - nella serie migliori amici - che
affrontano la questione dell’omosessualità, quindi della
discriminazione e dello stigma sociale in una realtà di provincia
americana.
Inoltre
Jen rischia anche in amicizia, vivendo un rapporto vero e sofferto
con Abby, personaggio più odiato dalla cricca timorata di liceali
perché scomodo e trasgressivo.Ricordo
di aver scoperto molte "prime cose" grazie a Jen. Mi viene in
mente la terza serie in cui prova a contrattare una relazione di "solo sesso" con Pacey e io che pensavo "beh, mica male
come idea".
Jen
è forse il personaggio più sfaccettato della serie. Attraversa
periodi di lutto (quello del nonno e dell’amica Abby), continue
delusioni amorose e difficoltà familiari, mostrando la fragilità di
una donna che non ha paura di compromettersi e di essere giudicata. Le
crisi di Jen mi hanno insegnato che spesso crescendo succede anche di "non capirci niente", di aver bisogno di sbattere la testa, bere,
fare cazzate, ricordando poi di ripartire sempre da cosa si vuole, da
un migliore amico e da una nonna.
Ovviamente
doveva morire qualcuno alla fine e chi se non Jen?
L’autore
Williamson ha dichiarato di aver pensato il finale in funzione del
fatto che "i ragazzi non avevano ancora vissuto la morte di un
membro del loro gruppo e mi sono detto,
sarebbe la chiusura del cerchio del cammino dell’età. Ho scelto
Jen perché si è sempre
sentita un’outsider e una disadattata." Chiusura
coerente con un telefilm che ha trattato le differenze spesso come
questioni di personaggi a margine.Per
questo “facciamo morire quella che tanto non si sposa con
nessun protagonista però è una madre single”. Ma
va bene Jen, non c’è problema. Come hai aperto la serie, spetta a
te chiuderla con
l’ultima esperienza vera.
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